«Tu (Walter Da Pozzo, n.d.r.) racconti la vita di tuo nonno ciabattino, una vita che, a ben considerarla, non ha niente di straordinario: il protagonista cresce, impara il mestiere, va una volta sola in un bordello, fa la guerra continuando a risuolare le scarpe dei commilitoni, uccide un nemico (un orrore che si porterà sempre dentro), torna a casa, si
sposa, la sua bravura lo porta a poter lavorare per proprio conto, si adegua agli eventi politici, tradisce una volta la moglie (ma in condizioni eccezionali e infine tragiche), comunque vive e sopravvive … Non ci sarebbe molto da raccontare, se tuo nonno e sua moglie Lucia, se il cognato ciclista Totonno e molti altri personaggi che popolano questo libro non avessero, come hai scritto tu stesso, “facce piene di storia”. Ecco, io, alla storia, ci metterei tanto di S maiusco. la. Il ciabattino Alfonso traversa infatti tutta la Storia d’Italia a noi più vicina, all’emigrazione alla prima guerra mondiale, dall’avvento del fascismo alla guerra del ’40, dal dopoguerra all’attentato a Togliatti, e oltre. E la traversa con la sua immutabile faccia di onesto artigiano e con l’immancabile ombrello. E le disgrazie e i lutti famigliari, così come le gioie, sempre sofferti o goduti con estrema dignità, insomma la sua piccola storia personale si intreccia indissolubilmente con la grande Storia del nostro paese».
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